martedì 30 gennaio 2007

Mongolfiere

Sveglia alle 04,30 di un Luglio infuocato (2006). Davide e Giulia a letto avvolti nella loro pigrizia e ritrosità a tutto ciò che non è play station o comunque quello che vogliono loro. Il fresco mattutino ripaga già la levataccia e piano piano ci avviamo verso Saturnia perché alle 06 è in programma la partenza di circa 20 mongolfiere che sorvoleranno i cieli di questa campagna così colorata in questo periodo.
Ma cos’è una mongolfiera? Cosa c’è dietro a quei palloni così colorati, così immensi, così ….leggeri.

In breve:

Centoventi anni prima del volo meccanico dei fratelli Wright, I'uomo riuscì a realizzare il sogno antico di sollevarsi da terra. Il giorno fu il 21 novembre 1783. L'ora, le 13 e 54 minuti. Il luogo, Parigi. Gli uomini, il professore di chimica Jean Francois Pilàtre de Rozier (1765-1785) e il maggiore dell'esercito, marchese Francois d'Arlandes. Il mezzo, un pallone ad aria calda di forma ovale, con diametro di circa 15 metri e altezza di circa 22.Il tentativo era stato reso possibile dalla geniale intuizione di due fratelli, i francesi Joseph Michel (1740-1810) e Jacques Etienne Montgolfier (1745-1799), proprietari di una cartiera ad Annonay, nei pressi di Lione. Essi osservarono la forza ascensionale del fumo e notarono che sacchetti di carta messi sopra il focolare tendevano a sollevarsi. Il passo da fare successivamente era ovvio: se si fosse riusciti a costruire un involucro abbastanza grande e assai leggero, in grado di contenere una quantità sufficiente di quello che i Montgolfier ritenevano essere un gas, esso si sarebbe innalzato nel cielo.

Il primo esperimento fu compiuto da Etienne Montgolfier ad Avignone, nel settembre del 1782 e rivelò la validità della soluzione. Seguirono altri tentativi con modelli di sempre maggiori dimensioni, che culminarono con la costruzione di un grande pallone di tela e carta (10 metri di diametro). Questo fu provato il 4 giugno 1783 nella piazza del mercato di Annonay, dove era stato acceso un fuoco di lana e paglia per riempire l'involucro di aria calda. II pallone che da quel giorno si chiamò Mongolfiera si sollevò e raggiunse una altezza di circa 2.000 metri.


Entusiasmati dal successo i fratelli Montgolfier andarono a Parigi e costruirono un nuovo pallone, di maggiori dimensioni. Con questo aerostato, il 19 settembre 1783, venne effettuato il primo viaggio aereo della storia, anche se i terrorizzati viaggiatori furono una pecora, un'oca e un gallo. L'ascensione ebbe luogo a Versailles, alla presenza di Luigi XVI, di Maria Antonietta e dell'intera corte, nonché di una folla entusiasta di circa 130 mila persone. II volo durò otto minuti e il pallone percorse felicemente circa tre chilometri, riportando a terra gli occupanti illesi. Due mesi dopo, su un altro pallone costruito dai Montgolfier, Pilàtre de Rozier e il maggiore d'Arlandes passarono alla storia per essere stati i primi uomini a volare.







lunedì 22 gennaio 2007

La Cucina


Nella casa, è il luogo deputato alla preparazione dei cibi.
Dal latino “coquere” = cuocere, il termine, nell’immaginario collettivo, assume interpretazioni poliedriche. La cucina, come luogo da arredare, La cucina, come luogo di lavoro. Ma anche la cucina delle case poderali di qualche decennio fa, soprattutto luogo di veglie e riposo davanti al focolare.






Osservare la “donna”, indiscussa Regina di tale Regno, muoversi in questo ambiente è affascinante, laddove riusciamo a lanciare i nostri occhi al di là di quella barriera di quotidianità che troppo spesso appiattisce la vista e rende freddi e monotoni certi movimenti, certe interpretazioni.



Questo lavoro, ispirato da una attività promossa a livello di Associazione due anni fa e conclusa con una mostra collettiva che ha riscosso favorevoli consensi, è l’espressione piacevole di momenti, spesso vissuti in modo sbagliato. Lavare i piatti, imbandire una tavola....ritrovarsi, finalmente, dopo le fatiche di una giornata, seduti attorno al tavolo.




a/b

venerdì 12 gennaio 2007

Grotta di Punta degli Stretti

Alle pendici del Monte Argentario, lungo la strada per Orbetello, si costeggia per un breve tratto la sede di una vecchia via ferrata, che in epoca passata collegava la città lagunare a Porto Santo Stefano. E proprio durante i lavori di scavo per la costruzione di una galleria, nel lontano 1842 fu scoperta una delle grotte più suggestive e accessibili di tutta la provincia. L’ingresso, parzialmente nascosto dalla fitta vegetazione tipica mediterranea, è posto a pochi metri dalla sede stradale. Si accede all’interno attraverso un passaggio piuttosto angusto che immette in un ampio salone, il meno interessante di tutta la cavità, nonostante i sui circa trenta metri con un soffitto che gradatamente si innalza sugli 8-10 mt per poi riabbassarsi repentinamente a formare un cunicolo non più largo di un metro, da cui si accede alla vecchia galleria ferroviaria. L’ampio tunnel artificiale è il luogo della prima sosta. Da qui iniziano i preparativi per la vera e propria calata speleologica. Si gonfiano i battelli pneumatici indispensabili per l’attraversamento di tre laghi di incredibile limpidezza, si sistemano i sacchi speleo e si regolano a dovere le valvole dell’acetilene. Il primo lago, profondo circa due metri occupa di fatto il primo ampio salone chiamato “sala del Granduca” in onore al Granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena che visitò, rimanendo particolarmente affascinato l’intera grotta. Proprio su sue indicazioni la grotta successivamente fu esplorata e furono scoperti al suo interno resti di ossa e utensili in pietra risalenti al Paleolitico, a testimonianza che l’uomo primitivo ha abitato tale cavità. Al termine del primo salone la grotta subisce una biforcazione. Sulla via di destra si passa un corridoio abbastanza impegnativo ma di rara bellezza, per le concrezioni presenti. Esso proseguendo diventa meno impegnativo ma non meno bello. L’unirsi delle stalattiti con le stalagmiti dà origine alla formazione di colonne, non rare in grotte vecchie, ma l’unione di più colonne fino alla formazione di un vero e proprio corridoio è senz’altro uno spettacolo inusuale e di forte impatto. Arriviamo al secondo lago. Qua le pareti sono più ripide e calarsi nel battello rappresenta una difficoltà da non sottovalutare, pena il rischio di un bagno sempre fuori stagione. La temperatura infatti, all’interno della grotta, mediamente costante nel corso dell’anno è di circa 15-16 °C con un tasso d’umidità pari al 100%. Per i più audaci, a lato del lago, su una parete piuttosto verticale e con pochi appigli naturali, è stata posta una grossa fune che permette di costeggiarlo fino a giungere al successivo corridoio che ci conduce alla sala dei veli. Anche questo corridoio, ai lati del quale si aprono diversi cunicoli terminali, presenta concrezioni calcaree ammirabili. L’ampio salone, detto “del Drago Volante” che si apre al termine della predetta galleria è contornato dal splendide formazioni di veli, simili a fantastici drappi vellutati cadenti lungo le pareti. Continuando troviamo l’ennesima biforcazione e, prendendo uno dei tronconi e impegnandoci in un’arrampicata su parete quasi verticale possiamo introdurci all’interno di un angusto cunicolo che ci immette nell’ultima galleria a metà della quale si scorge il lago più bello di tutta la grotta.La calata speleologica è sicuramente impegnativa ma non impossibile. Per gli amanti delle bellezze naturali è sicuramente una tappa da non perdere. All’interno, oltre agli onnipresenti pipistrelli vi si trovano altre forme di vita, una delle quali la presenza di un ragno particolare. Anche nei laghetti vivono piccoli animali simili a gamberettiL’intera cavità, con la sua particolare conformazione, i suoi laghi, i drappi luminosi alla luce delle torce, la sua importanza storica….è di sicuro interesse e andrebbe a mio avviso, più salvaguardata. Circa trenta anni fa fu visitata da mio padre ed essa, attraverso i suoi racconti, ha rappresentato per me, durante tutta la mia infanzia e adolescenza lo spunto per Salgariani sogni e progetti di esplorazione mai realizzati. Grazie al gruppo speleologico maremmano, lo scorso anno ho avuto questa possibilità e quei sogni improvvisamente sono diventati realtà. Una splendida realtà.
Ringrazio il Presidente dell’Associazione speleologica Carlo Cavanna ei suoi ragazzi che mi hanno offerto questa opportunità.

martedì 9 gennaio 2007

...tra Seeboden e Lienz

E' un pastore, che vive la lunghezza della sua vita, il tempo di una fredda stagione.

Queste statue di ghiaccio, piacevole scoperta sulla via che da Seeboden ricongiunge a Lienz, in Austria, mi hanno colpito profondamente.




In una sorta di solitario giardino, tra antiche rovine di un "castrum" Romano, si fanno muta compagnia, senza nulla vedere, senza nulla sentire.



Sui volti, è riprodotto il peso di una vita di fatiche, di sofferenza. Testimonianza di un rapporto non sempre amichevole con luoghi impervi e troppo spesso impietosi.


Ma la vita di costoro, fino al prossimo colpo di un imprevedibile vento del sud, è la fredda sintesi del temperamento di uomini forgiati da anni di fatiche e stenti.



...e quando arriva, con il suo carico di morte, scioglie lentamente lacrime di vita, lasciando vuoti quei giardini con le pietre di un villaggio che fu.

a.b

sabato 6 gennaio 2007

Artisti di strada

Se vogliamo per forza trovare un’ assonanza guardandoci alle spalle, potremmo identificare taluni soggetti che popolano, da un po’ di tempo a questa parte, i centri delle nostre città, con i menestrelli medioevali.
Allora essi, con sgargianti costumi di forme e colori variegati amavano girovagare esibendo le loro allegre virtù artistiche, raccontando le gesta di Re, Principi e Cavalieri. Accompagnati da strumenti come la viella, la ghironda o altri a percussione, con i loro cappelli ornati da campanellini ritmanti a tempo con le musiche, alla stregua di un libro animato, informavano i Re e la gente comune di vicende che accadevano altrove.
Oggi magari lo spirito non è più quello di informare…o narrare….magari è quello di stupire, di allietare i passanti, aprendo loro una parentesi che li distragga da quell’ambulanza assordante che si fa spazio tra la folla, o da quella gazzella sull’altro lato della strada che come una eco le risponde.
E così ti imbatti in una posa plastica e ti meravigli di come, pur nella sua eccentricità il messaggio arrivi diretto e reale, trasportandoti in una dimensione posta su un livello diverso da quella via centrale che stavi percorrendo.
Anche questo sono diventati i centri delle nostre città oggi.
Non c’è solo la mastodontica opera architettonfaraonica ad attrarre folle di passanti, spesso per quelle opere immutate nel tempo “ripassanti”.
Se ne sono accorte anche talune amministrazioni,di certo tra le più sensibili verso un’espressione artistica che è un tantinello distaccata dalla mera tassettina di un parcheggio blu o di una ztl. Addirittura sovvenzionano questi artisti, dipinti da leggende metropolitane come studenti di varie accademie che offrono, in cambio di qualche moneta, tanto talento e tanta gioia per grandi e bambini.
Proprio come i menestrelli di ieri.
A/B

venerdì 5 gennaio 2007

Frecce tricolori all'Argentario - Estate 2006

Non sono un tifoso di calcio. Seguo però le avventure della Nazionale, soprattutto nelle dispute di un certo rilievo. Quest’anno ho gioito (e sofferto….ho regalato al gol di Totti su rigore, un tendine d’Achille che per 39 anni non mi aveva mai dato fastidi) al ritmo del “popopopppoopooo”, e ho assistito alla finale che ci ha proclamato Campioni del Mondo.
E’ storia. Come quando nel 1982, a 16 anni, sfilai su una R4 rossa bandiere al vento e bagno nella fontana di piazza. E da non tifoso, non mi è comunque difficile capire cosa comporta per il nostro bel paese la qualifica di Campioni del Mondo.
Per la nostra economia (ce lo hanno detto e ridetto i neo inquilini di palazzo….quindi ci crediamo, è senz’altro vero), ripeto, non orbo dalla mia indifferenza per il mondo del calcio, tra i suoi fracassi domenicali, sono comunque in grado di intuire la portata di quello che i nostri campioni hanno guadagnato.
Non seguo la formula uno. Mi entusiasma però vedere due prodotti del made in Italy, tutte tinte di un roboante rosso fuoco, mantenere le prime posizioni e tagliare traguardi di bandiere pezzate a quadri bianco neri . E anche qui, da non tifoso, non mi è comunque difficile intuire cosa significhi vincere un campionato del Mondo per un prodotto tutto Italiano.
L’immagine dell’efficienza di un paese è data anche da queste conquiste. Paradossalmente a volte sono proprio queste a trainare tutta una economia, a dare il guizzo giusto, successivamente, più o meno cavalcato con sapienza.
Era il 1988 quando per la prima volta, nello specchio acqueo antistante il promontorio del Monte Argentario, si esibirono i favolosi Aermacchi 339. 10 splendidi esemplari componenti la PAN, fiore all’occhiello nel Mondo della nostra Aeronautica Militare. Un altro esempio di efficienza tutta Italiana. Italiana la ditta che li costruisce, Italiani i Piloti, Italiana la Forza Armata che ne vanta la paternità.
Ricordo proprio il 1988. Diversi giorni prima della giornata ufficiale, le Frecce Tricolori provarono in mezzo alla settimana di un fine estate. Era infatti Settembre ed avevo preso, proprio sulla Giannella, una piccola casetta in affitto. Mi godevo lo spettacolo in prima fila seguendo le evoluzioni e i disegni dei bianchi fumi. Il giorno dello spettacolo, nonostante la posizione da casa mi garantisse un’ottima visibilità, mi recai comunque sul lungo mare dei navigatori di Porto SantoStefano, quello della pubblicità dell’Algida con la coppia di innamorati che sgranocchiavano il cornetto seduti sulla panchina tra le più belle d’Italia. E fu spettacolo. Il cielo limpido, di un azzurro che a tratti si confondeva con quello del mare. Gli Aermacchi 339 si nascosero a migliaia di metri sopra noi e apparsero, in un ottimo sincronismo con la voce dello spiker da dietro punta Lividonia a pelo dell’acqua alle parole”….signore e signori, le Frecce Tricolori!!!””. Il rombo dei jet contribuiva al tremore dell’emozione che volti estasiati denunciavano con smorfie di puro godimento.
Poi ci fu la tragedia di Ramstein in Germania.
L’allora Ministro della difesa, On. Valerio Zanone, pur non impedendo le esibizioni di quello che era sempre un vanto Nazionale, per ragioni di sicurezza (o opportunità politica) ne proibì le acrobazie e per diversi anni, la Pan si limitò al passaggio in tricolore. Mozzati così gli arti ad un purosangue nel pieno della giovinezza con la sua carica di vita. Fu come, a mio giudizio, impedire a seguito di un incidente mortale (…e ce ne sono stati in F1) alle vetture in gara, di sorpassare in curva e senza mettere la freccia. O alla Nazionale di calcio, disputare una partita senza il “gioco maschio” (quest’anno per poco non c’hanno provato davvero) e quindi senza commettere falli.
Negli anni seguenti il 1988, la gente continuava (io ne ero testimone) a seguire la pattuglia acrobatica all’Argentario, ma sul volto, l’emozione di quell’anno non l’ho più riletta per diverso tempo.
Agosto 2006. Il cielo è sempre azzurro, ma ornato da cumulonembi che paiono modellati da un’artista stile italiano. Ho con me la mia Olympus, perché so già che spettacolo sarà. Hanno tentato di rovinarmelo con alcuni articoli apparsi su qualche quotidiano, ma questa volta sono riuscito a seppellirli con la mia indifferenza, evoluzione erudita di quella rabbia che merita solo chi ritieni degno di attenzione, del tuo impegno, di pari intelletto. Qualcuno, purtroppo seduto su poltrone da regista su quello che è il set della nostra vita, tenta di affossare, cancellare distruggere quel vanto e quell’esempio di efficienza tutta Italiana.
Le Frecce fanno rumore, le Frecce costano, le Frecce sono “machiste”…ma soprattutto, le Frecce sono militari. E questo proprio non va giù a certi culi caldi di quelle poltrone.
Alle 16,30 da inizio allo spettacolo l’esibizione dell’elicottero HH3F dell’Aeronautica Militare. Quell’elicottero col nasone super tecnologico con gli infrarossi che, tarati sulla temperatura corporea di un uomo, riesce ad individuarlo in acqua anche di notte. Quell’elicottero che salva vite umane, che fa un po’ di casino in aria, consuma un bel po’ di carburante rilasciando flatulenze inquinanti e che è tutto Militare. Ma spettacolo è e si vede e si sente osservando i volti della tantissima gente presente alla manifestazione.
Poi è la volta di due fratelli che deliziano il pubblico presente sfilando su due SIAI 260, di concezione sovietica e piroettando nello splendido cielo Argentarino.
Poi il Canadair della Protezione Civile.
Un aereobotte troppo indispensabile nella lotta contro gli incendi che spesso devastano intere aeree, Argentario docet.
Di seguito il restaurato Texan T6 che solo a sentirlo volare fa rizzare i peli delle braccia. Non senti il frastuono dei collettori che scaricano ai lati della fusoliera ma quella musica intonata in stile bianco e nero che riporta indietro nel tempo.
Di seguito, ex piloti della pattuglia delle Frecce Tricolori che hanno dato vita ad una squadra, i Red Bull, che a bordo di quattro Sukoi SU 29 e SU 31 continuano l’antica tradizione dell’aviazione Italiana disegnando nel cielo spettacolari figure e mirabolanti formazioni. Il tutto nella massima sicurezza per i tantissimi spettatori che occupavano la Piazza dei Rioni e tutto il lungomare.
Alle 18,00, come da programma, sulle note del Pavarotti Nazionale, fanno il loro ingresso in divisa da gran gala dei fumi tricolori, loro.
Il Vanto dell’Italia efficiente.
L’immagine nel mondo di quello che, nonostante tutto, sappiamo fare. E, ancora una volta, come la prima del 1988, spettacolo è stato. Gli stessi occhi, le stesse emozioni, gli stessi cori di approvazione ad ogni piroetta, lavorata, studiata, eseguita con la stessa perfezione di un rigore di Grosso, un assist di Del Piero, di una Rossa in pole. Ancora una volta una positiva immagine di quell’Italia che funziona, che è estremamente efficiente. Nonostante quelli che hanno smesso di tirare estintori alle manifestazioni e scaldano i loro deretani in quelle poltrone che potenzialmente potrebbero consentirgli l’annullamento di questi vanti.
L’Aermacchi ha già pronto il 346. Il successore designato del 339. Quale vetrina migliore per la nostra industria può essere rappresentata, se non dalla PAN.
Spero di assistere il prossimo anno allo stesso appuntamento. Mi godrò nuovamente quei frastuoni inquinanti di cherosene, così fortemente militari e machisti e, per rirprendermi da tante nefandezze, la sera alle 20,00 non accenderò la televisione e mi disintossicherò evitando di vedere quei volti di palazzo che sono 39 anni che mi inquinano con le loro vomitate.

Alessandro Butteri